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Trasformare una piccolissima quantità di massa in una enorme quantità di energia è quello che fa il fumetto. Prendi un foglio di carta, della grafite, un po’ di inchiostro e lo trasformi in qualcosa che può cambiare la vita delle persone.

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Leggendo molte biografie di artisti, vediamo come un particolare fumetto abbia indotto gente che avrebbe fatto altro nella vita ad occuparsi di questo particolare tipo di espressione artistica, a sua volta cambiando il destino di altri e in certi rari casi influenzando economie e società. Non solo disegnatori o scrittori: Guida al Fumetto italiano ci racconta la storia dell’imprenditore Fiorenzo Ivaldi, che vi consiglio di leggere qui

Sgt Kirk

Non è che  mischiando una grande passione con carta e china, venga fuori sempre qualcosa di buono. Gli ingredienti della pizza sono sempre gli stessi ma non c’è un pizzaiolo che la faccia uguale all’altra e non è detto che venga buona o che piaccia alla gente. Inoltre può pure essere buona e incontrare il gusto della massa, ma essere venduta in una pizzeria così scomoda come posizione o così male amministrata da rendere la bontà del prodotto del tutto irrilevante.

pizzeria russa 1993 Ninja Turtles

Il primo problema per chi vuole avere a che fare con il lavoro in questo campo sono i soldi. Come camparci? È davvero possibile camparci? Venticinque anni fa era più facile, ma non vuol dire che fosse realmente facile o che oggi sia impossibile. Diciamo che venticinque anni fa il mondo del lavoro era tutto più facile, quindi si va di proporzione. Ma casini e privazioni ci sono sempre stati, sopportati solo grazie alla passione di chi ama questo lavoro.

Los Profesionales by Carlos Gimenez

Los Profesionales by Carlos Gimenez

D’altra parte cento anni fa in Italia avrebbero dato l’anima per vivere come viviamo noi, quindi non lamentiamoci poi troppo. E un secolo fa il Corriere dei piccoli usciva già da qualche anno, pubblicando i primi fumettisti che avrebbero influenzato le successive generazioni. Che, appunto,  avevano qualche problema in più di noi, tipo la guerra, la fame ecc. E in mezzo a un mare di retorica, c’era pure chi riusciva a scherzarci sopra.

Antonio Rubino, Corriere dei Piccoli

Antonio Rubino, Corriere dei Piccoli

Esattamente un secolo fa,  veniva anche presentata la teoria della Relatività di Albert Einstein. Prima che temiate un mio patetico tentativo di spiegazione, vi rassicuro: c’è internet per questo. Ve lo dico, perché di questo trattava la mia seconda sceneggiatura in assoluto che illustrato, sempre di Francesco Manetti. Sceneggiature… quelle cose con su scritto: PP (Primo Piano), Campo Medio, di quinta, Dida… avete presente? Esatto, quelle cose che se prima pensavi di saper disegnare bene perché facevi un po’ quel cavolo che ti pareva e piaceva, nel momento in cui ti trovavi ad illustrare esattamente quello che ti veniva chiesto, scoprivi i tuoi veri limiti.

los profesionales by Carlos Gimenez

Nella mia faticosa ricerca del tempo perduto, il nuovo passo è stato ridisegnare questa storia 25 anni dopo. La trovate qui. Dopo una dozzina di tavole prodotte insieme, Francesco e io non ci siamo più sentiti per molti anni, abbiamo condotto strade differenti che ci hanno portato le gioie della famiglia, ma che ci hanno in qualche modo allontanato da quello che, forse, entrambi amavamo davvero fare. Abbiamo ricominciato un po’ per gioco, un po’ per passione, a riprendere questi nostri primi passi giovanili nel mondo del fumetto. E da questo sta nascendo qualcosa di interessante, di cui vi parlerò più avanti.

Albert di Francesco Manetti e Luciano Costarelli

“Albert” di Francesco Manetti e Luciano Costarelli

to be continued…

Inchiostro!

Basta vedere la differenza tra le matite di Gil Kane e gli inchiostri di John Romita Sr qui sotto, per capire quanto sia fallace l’affermazione del rompiballe coi baffetti da questa brillante clip di “in cerca di Amy” (Kevin Smith).

Romita e Kane

Tavola di Spider-Man 123, il funerale di Gwen Stacy.

Questo è comunque un caso limite: John Romita era in quel periodo il disegnatore principale di Spider-man e il suo compito era dare continuità sia dal punto di vista della disegno del personaggio che dalla regia. Pure intervenendo sul lavoro di un gigante del fumetto come Gil Kane. Perché disegnare fumetti è esattamente come girare un film: ci sono i tempi, le inquadrature, un linguaggio visivo complesso. Possiamo vedere come Romita dia sapientemente compostezza alla scena e la renda più drammatica. Nelle matite di Kane i personaggi piangono, con Romita soffrono.

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Normalmente l’apporto di un inchiostratore è meno invasivo. A volte ad un disegnatore bravo ma ancora acerbo, viene affiancato un inchiostratore esperto che possa sistemarne le magagne. Se il disegnatore non è troppo pieno di sé, farà tesoro di quelle correzioni e migliorerà ancora più rapidamente. Inoltre avrà l’indubbio vantaggio di beneficiare di un miglior disegno, che gli sarà attribuito, visto che le matite verranno cancellate dopo l’inchiostrazione. Altre volte, al contrario, capita che un inchiostratore “da battaglia” peggiori il lavoro di un bravo penciler. Questo accadeva soprattutto in passato, e Jack Kirby ne sapeva qualcosa. Ma pare che la grande umanità di the King lo portava a preoccuparsi più che il lavoratore non rimanesse senza un’entrata, rispetto alla qualità finale dei suoi fumetti.

Fantastic Four #1

Fantastic Four #1

Ma perché un disegnatore non inchiostra i suoi stessi fumetti? Principalmente il motivo è rispettare i tempi di produzione, ma per lo più è una faccenda culturale.

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In Giappone verrebbe considerato una vergogna il fatto che qualcuno si faccia inchiostrare i propri personaggi. Mentre è normalissimo che abbia assistenti che facciano degli ambienti iper-rifiniti, che spesso occupano la maggior parte della tavola, e che non siano neanche menzionati nei credits. In occidente è esattamente il contrario. Sono due approcci diversi per risolvere il problema del poco tempo a disposizione delle consegne. Riempire i neri e metterei retini, invece sembra che non crei paturnie a nessuno, in entrambi i lati del globo.

Per inchiostrare esistono infiniti strumenti, che stanno via via sparendo sostituiti da tavolette wacom e software sempre più performanti. Ma gli strumenti base sono il pennino e il pennello. I pennarelli sarebbero già dei surrogati, anche se ad usarli sono dei maestri come Alex Toth, la faccenda diventa un po’ diversa.

BatmanSplash

Una volta appresa la teoria delle ombre, inchiostrare è principalmente un discorso di abilità manuale. In passato la gente imparava a scrivere con il pennino, per cui era abbastanza normale utilizzare questo strumento per inchiostrare. La mia generazione invece ha imparato a scrivere con la penna a sfera, pure cancellabile, per cui non si è trovata esattamente a suo agio con il pennino. Il pennello invece, se non si sono fatti alcuni studi artistici o non si è appassionati di pittura per proprio conto, viene considerato uno strumento per riempire delle campiture di colore, non come qualcosa che possa tracciare linee sottilissime o spesse nello stesso passaggio.

martoraNonostante la cattiva qualità dei pennini che recuperavo all’epoca, qualcosa di decente riuscivo comunque a farla, anche se mi trovavo più a mio agio con il pennello, ed ero piuttosto veloce.

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Così, all’inizio della mia carriera destai un po’ di interesse per il mio lavoro di inchiostratore. Inchiostrai circa 600 tavole di Fernando Caretta su albi di genere calcistico anche se, dato il poco tempo a disposizione -quasi 200 tavole al mese-, non è che feci proprio un gran lavoro. Ma a 21 anni già reggere quel ritmo non era tanto male. Poi a 22 inchiostrai una storia di Teresa Marzia per l’Intrepido e qualche tavola di Ossian di Patrizia Mandanici. C’erano altre proposte interessanti per me in arrivo, perché c’erano molti bravi disegnatori della mia età che si affacciavano alla professione, ma non inchiostravano tanto volentieri le loro tavole o ci impiegavano troppo a farlo rispetto alle scadenze richieste. Però ebbi paura di rimanere incasellato in questo ruolo, cosa che in effetti penso sarebbe successa. A me invece interessava avere una parte più attiva nel processo creativo, così passai a fare altro. peccato solo che la mia abilità con il disegno non fosse sempre in linea con le mie ambizioni.
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Così trovai più soddisfazione nel rutilante mondo della pubblicità, dove lasciai pennini e pennelli da parte per pennarelli e Pantoni e una vita più facile. Un mondo dove ti pagavano il doppio rispetto al fumetto, dove tutti ricalcavano, sul serio, non come gli inchiostratori e chi invece inventava qualcosa era un genio, non semplicemente uno dei tanti.

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Un mondo che, comunque oggi non c’è più. Quindi tanto vale riprendere in mano il pennino e provare a fare qualcosa di buono.

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To be continued…

Dopo Lucca Comics

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Sono Andato a Lucca Comics, ci mancavo da parecchio ed è stato un po’ come andare all’Expo dopo agosto. Tante cose da vedere, ma per via delle file, bisognava scegliere qualcosa e sacrificare qualcos’altro. Non tutte le scelte che ho fatto sono state giuste, in un caso mi sono sentito un po’ come se avessi fatto fila nel padiglione-pacco-mercatino del Vietnam dell’Expo, invece di girare i bellissimi padiglioni dell’Est Europa. Imparerò dai miei errori; comunque Lucca è stata una fiera grandiosa, ho potuto incontrare gente brillante, professionisti, vecchi amici e qualche mio mito personale (Manara e Liberatore) di quando al liceo andavo a comprare i fumetti alle Nuvole Parlanti e il prof di figura schifava i miei albi di Enki Bilal.

Eccomi a 17 anni (a sinistra) con l'albo "La fiera degli Immortali" edizione originale Francese, comprato a Parigi durante la gita scolastica del Liceo.

Eccomi a 17 anni (a sinistra) con l’albo “La fiera degli Immortali” edizione originale Francese, comprato a Parigi durante la gita scolastica del Liceo. Con il mio amico Massimiliano Esposito che adesso vive proprio in Francia.

Veniamo a me, alcune novità: la prima è che è uscito, proprio per Lucca Comics il Fumetto di 12 Pagine “L’alba dei giganti” all’interno dell’albo collettivo “Giganti d’Acciaio”, edito da Cagliostro E-press. È il mio ritorno alla carta stampata dopo 8 anni. Rivedendolo ho visto delle cose che sono venute meglio di quello che pensavo (i retini: sono perfetti su carta) e altre su cui c’è ancora da lavorare. Tanto non sono mai contento di quello che disegno, ma va bene così. Bellissima storia di Andrea Garagiola, a rileggerla su carta, qualche mese dopo averla disegnata, ho apprezzato enormemente la regia.

Giganti d'Acciaio

Giganti d’Acciaio

Altra novità, sto ridisegnando delle storie brevi di Francesco Manetti, che pubblicai sulla storica fanzine “Collezionare“. Fu la prima volta che mi trovai di fronte una sceneggiatura e dopo tanti anni ho deciso di ridisegnarle perché lo considero una specie di reboot per me. Riparto da lì deciso a migliorare per riprendere a fare qualcosa che davvero amo e che ho lasciato indietro per troppo tempo. La prima storia, 3 tavole di SF, dal titolo “La Sentenza” è già stata pubblicata su DIME WEB 

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La Seconda è in corso d’opera, e non vedo davvero l’ora di Terminarla!

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Anche in questo caso si tratta di Fantascienza, 4 tavole che dovrei finire, per una curiosa coincidenza, proprio in una ricorrenza importante per il personaggio protagonista di questa storia!

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Fumetto consegnato!

Pentagon USA

Lunedì scorso ho consegnato il fumetto inchiostrato a Cagliostro E-press che provvederà a mettere balloon, dida, titolo e onomatopee. Quello che ho messo qui sopra sono tutti i passaggi con cui sono arrivato alla prima vignetta. Non sono tutte a questo livello, ma pian piano ci arriverò 😉

Lavorare su sceneggiatura è completamente diverso rispetto a disegnare i propri disegni: generalmente c’è un crollo della qualità per diversi motivi.

Principlamente, senza una richiesta specifica si tende a fare sempre quello che più ci piace e che ci riesce meglio. Se uno non sa disegnare automobili, eviterà polizieschi con inseguimenti e virerà sul fantasy, sempre se è in grado di disegnare dei cavalli decenti.

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L’altro motivo è che interpretare una sceneggiatura non è affatto scontato: il disegnatore deve capire qual’è il senso della sceneggiatura e renderlo fruibile per immagini ai lettori; nè più nè meno quello he fa un traduttore che rende fruibile il testo di un romanzo ai lettori di un altro idioma.

Benché anch’io abbia scritto sceneggiature per me o per altri, la maggior parte di quello che ho pubblicato è stato disegnato su sceneggiatura altrui e questa è una cosa che fa benissimo.

Se uno ti chiede di disegnare un cacciatorpediniere della seconda guerra mondiale e non l’hai mai fatto, dopo il primo momento di insicurezza, poi realizzi che qualunque cosa può essere suddivisa in semplici forme geometriche e che oggi con internet è possibile trovare tutta la documentazione che vuoi comodamente a casa tua senza bisogno di andare in biblioteca o girare per librerie a cercare vecchie immagini.

USS-Navy

Se vi piace disegnare fumetti e volete crescere veramente, cercatevi uno sceneggiatore, possibilmente uno bravo o che almeno abbia le basi. Se gli mancano, o se volete imparare a sceneggiare per bene, basta recuperare il volumetto “come si diventa autore di fumetti” di Castelli e Bono, illustrato da Silver. Lì c’è tutto quello che serve per cominciare. In rete trovate facilmente il pdf, per esempio qui.

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Questione di stile

Torno a scrivere dopo diverso tempo perché sto impiegando le mie notti in due progetti che sto portando avanti: uno è un fumetto per Cagliostro e-press, l’altro è il character design per un videogioco Indie.

Rough di Luciano Costarelli

Questa volta sto lavorando in modo diverso. Per prima cosa ho disegnato le tavole velocemente su carta da fotocopia, senza badare troppo ai particolari, poi le ho riprese su carta più spessa, facendo le vere e proprie matite. Quando le avrò finite tutte e saranno approvate dagli editor le inchiostrerò e metterò i retini.

Dal Rough alla matita

Certo la sceneggiatura non è una passeggiata: mecha, navi da guerra, aerei… Ma in realtà la cosa difficile è trovare lo stile giusto. Alcuni disegnatori disegnano le cose sempre nello stesso modo; migliorano con gli anni, ma lo stile è quello. Io un po’ per indole, un po’ perché ho sempre cercato di adattarmi a quello che mi capitava come lavoro, disegno in molti modi diversi.

Woman

Il lavoro “Giganti d’Acciaio” deve essere un manga. Allo stesso tempo deve essere realistico. Quindi devo rendere più realistico il mio stile manga, senza sfociare nel mio realismo occidentale. Un bel casino. Al contrario, con il videogioco devo diventare ancora più giapponese. Se non divento schizofrenico adesso, non lo divento più.

chardes videogioco

Chardes per un videogioco Indie attualmente in sviluppo

Facendo questo lavoro sullo stile, per il videogioco ci ho preso abbastanza velocemente, ora sto passando le mie grande con lo stile del colore. Per il manga la cosa è più complicata. Ho pensato per prima cosa ad ispirarmi a uno dei miei autori preferiti: Jiro Taniguchi. Ma ho desistito subito perché il suo stile di disegnare i volti è troppo distante dal mio. Allora ho pensato a Urusawa, che sento più affine. Ho iniziato ad adottare alcune sue sintesi, ma credo che la trasformazione finale arriverà solo con gli inchiostri.

Truman

Giganti d’acciaio

Come pensavo, le tavole di prova sono andate bene, per cui sto aspettando la sceneggiatura di un progetto della Cagliostro E-Press. 12 storie a fumetti di 12 pagine, di autori diversi. Distributo online, poi in vendita in volume.

Questa è una delle tavole di prova che ho mandato, ed è un tributo ad un autore a cui sono piuttosto affezionato, Gosaku Ota.

Mazinger Z

Vidi i disegni di Ota in edicola, editi dalla Fabbri e colorati velocemente da uno studio che fu poi il primo posto dove andai a lavorare in assoluto. A 20 anni, io e mia moglie coloravamo infatti le tavole del Corriere dei Piccoli. Era un lavoro molto manuale, di precisione e -tanto per cambiare- in lotta contro il tempo. Le chiamavono “temperette”.

Nei primi anni ’90 gli scanner non erano molto avanzati, almeno quelli che usavano in Rizzoli per il Corrierino. Per cui se scansionavano il colore insieme al nero, si macchiava parecchio. Quindi i colori erano separati dal nero. C’era un altro problema: stampato in rotocalco, ad alta velocità, il Corrierino aveva dei gran fuori registro, per cui se non c’era il colore sotto il nero, veniva fuori un filetto bianco intorno al tratto. Cosí i fumettisti facevano le loro tavole a fumetti in bianco e nero, venivano fotografate e ci passavano le pellicole (quindi in formato di stampa, mentre le tavole originali erano più grandi). Noi diligentemente mettevamo un foglio di acetato a contatto e lo coloravamo con degli acrilici mischiati a fiele di bue (d’estate veniva su un odorino…) e altri addittivii segreti preparati dalla signora Revelant, che ci insegnò i segreti della coloritura dei fumetti. Beh, le campiture erano quasi sempre piatte, il difficile era tenere i colori a contatto sotto il tratto nero, che in alcuni casi arrivava allo spessore di 0,1 mm. La Pimpa era una passeggiata, con quei bei tratti che faceva Altan, l’unica difficoltà era il naso sfumato di Armando.

pimpa

Comunque una volta finito il lavoro, i fogli di acetato con i nostri colori venivano scansionati per produrre le pellicole degli altri tre colori di stampa e con quelle incidevano le lastre. Colorare la Stefi fu una mia soddisfazione personale, perché mi piace Grazia Nidasio da quando avevo 5 anni, con Valentina Melaverde che leggeva mia sorella. Ma non me la diedero subito perché dovevo prima imparare ad acquarellare gli acrilici sull’acetato trasparente. Si può fare? Sì e lo facevamo usando il fiele di bue al posto dell’acqua. Non sono cose che insegnano a scuola e i segreti dello studio erano ben custoditi nel mondo pre-internet e pre-tutorials. A parte questo tipo di trattamento, il lavoro non erano molto diverso da quello fatto a casa dai coloristi dei rodovetri degli anime in Giappone.

Corrierino

Infatti andavo da casa nostra allo studio a Cinisello, prendevo le pellicole, me ne tornavo a casa e coloravamo tutto su lavagne luminose per essere precisi sul contatto dei colori. Avevo trovato quel mio primo lavoro dopo quasi un mese di tentativi: avevo tutti gli indirizzi degli studi e agenzie di pubblicità di Milano presi dalle Pagine Gialle del Lavoro (in quelle normali non c’erano) ottenute dal primo colloquio fatto. Una ragazza gentile in un’agenzia me le fece fotocopiare, visto che da loro non cercavano collaboratori. Chiamai sistematicamente tutti i numeri di telefono cercando di ottenere un colloquio. A Milano c’erano qualche centinaia di agenzie e studi grafici e ne visitai una quarantina:  uno o due appuntamenti al giorno. La signora Revelant al telefono fu colpita semplicemente dal fatto che dicevo di amare i fumetti, pur non sapendo di che cosa si occupasse lo studio. Accettò di visionare il mio portfolio e mi diede la prove, che superammo. voleva alleggerirsi per portare avanti dei suoi progetti di illustrazione e quella giovane e volonterosa coppia gli faceva comodo. I coloristi si  beccavano tutti i ritardi degli altri: sceneggiatori, disegnatori, fotolito, per cui facevamo il lavoro in tre, massimo quattro giorni e passavamo il giorno successivo alla consegna a dormire.

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Lo Studio Revelant colorava tutto il Corriere dei Piccoli, che era un settimanale. A dirla tutta, lo studio in quel periodo eravamo io, mia moglie, un’altra free-lance e la signora Revelant. Ma ci sono passati in parecchi, perché negli anni avrà colorato decine di migliaia di tavole di fumetti. Anche la prima edizione de il Gioco di Manara, che però non amava per l’argomento. Uno dei lavori più tirati via fu comunque proprio il Grande Mazinga della Fabbri. Certe cose se le inventavano di sana pianta, tipo le parti rosse sulla testa, non capendo bene come si agganciava il Brain Condor (non avevano mai visto una puntata), ma nessuno se la menava. Io quel fumetto lo scoprii col numero tre qui sotto, poi mi feci arrivare gli arretrati. Lo studio partiva bene col colorarlo, poi erano sempre più gran fondi monocolore, che mi facevano incazzare da bambino. Anche perché allora leggevo pure l’Uomo Ragno e, nonostante il retino di stampa alla Roy Lichtenstein e l’abuso del lilla scuro negli sfondi, i colori erano decisamente meglio. Conoscendo poi lo studio, capii che questo era sicuramente dovuto agli altrui ritardi accumulati: anche quello era un settimanale! Comunque anche se, soprattutto negli ultimi numeri, il colore era dato alla meno peggio, spesso copriva le magagne di un autore che pure lui non andava molto per il sottile. Credo che la corsa per la consegna accomunasse fumettisti e coloristi da una parte all’altra dell’oceano.

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Ho letto da qualche parte, che ogni fumettista quando disegna paga un debito per quello che ha ricevuto, con un atto d’amore nei confronti dei disegnatori che ha amato da bambino, riprendendone lo stile. Io non ho pregiudizi e mi piace sia il fumetto realistico occidentale che il manga orientale. Quando ho iniziato non c’era verso di citare Ota, perché lo stile manga se lo schifavano tutti. Pago solo adesso, in piccola parte, il mio debito nei confronti di questo maestro dal tratto un po’ scazzato.

La notte dei 100 bozzetti di Dragon Ball

DRAGONBALL Z Tutto era cominciato con una fiera, ero entrato in contatto con una azienda che stampava calendari spiralati in formato A3. Erano calendari di attori, cantanti, volevano farne anche sui cartoni animati giapponesi. Muovevo allora i primi passi nella grafica digitale, e decisi di applicare le regole dell’illustrazione nella composizione delle pagine dei calendari: sfondo elaborato, soggetto principale, immagine di impatto. Alcune erano decisamente Kitsch, ma tutte si staccavano dalla monotonia dei prodotti analoghi del periodo dove i grafici mettevano semplicemente una immagine tra quelle disponibili dall’agenzia di licensing, senza sapere niente del cartone. A me invece interessava che il ragazzo o la ragazza comprassero qualcosa pensato per loro. Indipendentemente che a me piacesse o meno quel cartone, doveva appagare la loro passione.  anime calendarsDal 1999 al 2010, se in Italia avete comprato un calendario a soggetto anime, intendo quelli legali, stampati pagando i diritti, al 90% avevano il mio design. I calendari funzionavano e quelli di Dragon Ball vendevano benissimo, così mi chiesero di studiare altri prodotti a tema. Siccome dal 1998 al 2005 ho fatto parecchi viaggi a Tokyo per lavoro, avevo informazioni e materiale di prima mano a disposizione con cui ispirarmi.

Illustration for Neo-Tokyo magazine

Illustration for Neo-Tokyo magazine

Stava esplodendo la mania delle trading-card. La prima volta che ero andato in Giappone era appena terminato il primo cartone animato di Yu-Gi-Oh e i negozi erano pieni di immagini di quel personaggio dai capelli assurdi, strani anche per un anime. Mi portai a casa un vasto campionario, in particolare attirarono la mia attenzione delle carte che venivano laminate, ovvero plastificate dentro due fogli di plastica trasparente, che le rendevano più resistenti. cards Proposi ad edibas di stampare questo tipo di carte, ma i costi e i tempi di plastificazione manuale erano insostenibili. Non so bene chi tra il fondatore e il consulente per la stampa, propose di stampare direttamente su PVC, simulando la carta all’interno con un passaggio di bianco coprente. Prima di allora, a stampare su PVC si ottenevano risultati penosi, a meno di non usare campiture completamente piatte. Ma c’erano nuove tecnologie di stampa che permettevano di avere un retino molto fitto su PVC trasparente di 0,3 mm. Facemmo diverse prove, finché Maurizio Rasca di RG&C affinò la tecnica e stampò la prima serie. Con la prima collezione dei Cavalieri dello Zodiaco erano nate le Lamincards. Inventai nome e logo, che regalai ad Adelmo Basso, il fondatore, che mi aveva dato tantissima fiducia per portare avanti le mie idee. Per il logo usai la font Lithos, scelta perché aveva un aspetto grecizzante, visto che parlavamo dei Cavalieri dello Zodiaco. Aveva però un corpo un po’ troppo sottile, per cui con la serie successiva, utilizzai il Lithos Black, e definii meglio il “biscotto” rosso sotto la scritta. lamincardsAll’inizio mi occupavo di queste produzioni part time, ma dopo qualche anno ricevetti la proposta di occuparmente a tempo pieno. E in uno di quegli anni ci fu la notte dei 100 bozzetti di Dragon Ball Z. DRAGONBALL2Avevamo prodotto 4 o 5 serie di Dragonball che erano in genere composte di 150 card ognuna. Metà erano immagini da Style Guide, l’altra metà erano presi dai frames del cartone, catturati direttamente dai Beta negli studi della Merak di Cologno. Lo stratagemma dei frame ci aveva permesso di fare più serie, ma nel 2007 non c’erano più illustrazioni disponibili: le avevamo usate tutte! Avevamo in preparazione una nuova serie di Lamincards “X-Metal” e chiedemmo direttamente alla Toei di disegnarcene di nuove. vegetaAlla Toei erano molto contenti del successo di queste card e cercarono di accontentarci, ma c’era un problema: erano completamente assorbiti dalla produzione del nuovo film delle Pretty Cure, e non avevano gente da metterci a disposizione. Commissionare delle illustrazioni che poi entrano a far parte di una StyleGuide è molto complesso. Servono parecchi visti e in più c’è la fase preliminare in cui si deve studiare quello che serve. Accettarono a patto che avremmo dovuto noi occuparci della parte preliminare, cioè dalla selezione dei personaggi ai bozzetti che sarebbero andati agli illustratori. DRAGONBALL3Non potevo crederci: avrei preparato dei bozzetti da mandare in Giappone per fare delle illustrazioni originali di Dragon Ball Z! Inoltre, dopo 5 anni di esclusiva, sarebbero state utilizzate su licenza in tutto il mondo. C’era però un piccolo problema: sempre per via del film, avevano una finestra temporale  ridottissima in cui metterci a disposizione degli illustratori, quindi avrebbero dovuto ricevere tutti i bozzetti entro 24 ore o non se ne sarebbe fatto niente. charlie-chaplin-tempi-moderni Non disegnavo abitualmente Dragon Ball. Proporzioni nuove, particolari da tenere presente… Certo, lo conoscevo bene  e quelle poche esperienze che avevo fatto disegnando cartoni animati, potevano essermi utili: gli animatori e gli intercalatori devono cercare di annullare il proprio stile per assimilare quello del Character Design, per evitare che i personaggi sembrino disegnati da tante persone diverse. Potevo riuscirci, ma il vero problema era fare tutti quei disegni tutti diversi in un tempo ridicolo. L’impresa non mi sembrava propriamente fattibile, ma bluffai. DRAGONBALL4Comprai due casse di Red Bull e studiai la strategia. Mentre ero ancora lucido, iniziai a preparare una lista di personaggi che ci mancavano, poi mi feci cercare e stampare dalla mia assistente, decine di immagini di riferimento che attaccai al muro di fronte a me. I bozzetti per fortuna non dovevano essere dettagliati, ma non dovevo fare errori con i personaggi. DRAGONBALL5Tirai giù posizioni su posizioni, molti disegni mi facevano schifo, e le scartavo ad una seconda visione. Alla fine credo di aver realizzato qualcosa come 200 bozzetti in 10 ore. I primi erano davvero definiti, poi divennero sempre più abbozzati via via che si avvicinava l’alba. Qualcuno mi era venuto molto bene, e fu rifatto piuttosto fedelmente, altri furono salvati dall’abilità degli illustratori giapponesi che li interpretarono e li migliorarono. In stato confusionale misi insieme i 100 migliori rough di Dragonball Z, li scansionai e li feci avere per tempo alla Toei. Penso non credessero che saremmo stati davvero in grado di fornirli. DRAGONBALL6Non tutte le illustrazioni furono realizzate per tempo; una ventina non furono proprio fatte, ma tra quelle che ci mandarono e alcune che avevano realizzato per il mercato statunitense, chiudemmo la collezione. Nel 2012 scadde l’esclusiva e l’anno successivo vidi alcune di quelle illustrazioni sugli zaini dei compagni di classe di mio figlio (che invece preferiva quello dei Pokémon). ZAINO-DRAGON-BALL-Z-500x500Mi tornò alla mente quella notte in lotta contro il tempo. Riflettei su quante storie ci fossero dietro a delle immagini di questo tipo, e agli animatori che in Giappone ricevettero i miei bozzetti, a cosa pensarono loro. Probabilmente sacramentarono per l’ennesimo lavoro extra che gli capitava mentre erano impegnati nella realizzazione di un film!

Character Design

Aspettando la sceneggiatura di Cagliostro, sto portando avanti il mio primo web comic. Volendo fare le cose per bene, sto procedendo prima con le matite. Solo quando avrò terminato il primo gruppo le inchiostrerò.

work in progressMi sono accorto però di aver dimenticato una cosa fondamentale: lo studio dei personaggi, o Character design. Che è una cosa che ho fatto parecchio quando ho iniziato a disegnare fumetti e da un certo momento in poi ho sempre cercato di evitare.

Studio per il personaggio Philip Morris, per la serie autoprodotta "Mistery"

Studio per il personaggio Philip Morris, per la serie autoprodotta “Mistery”

Perché? Per due motivi: primo non vedevo l’ora di disegnare i personaggi nelle vignette, Scrivendomi spesso le storie, i miei personaggi hanno avevano bisogno di un po’ di scene prima di trovare la loro fisionomia. Accade in quasi tutti i fumetti e manga, basta guardare nelle serie un po’ lunghe come il personaggio come viene disegnato all’inizio e dopo diversi numeri. L’altro motivo è che per la maggior parte degli editori con cui ho lavorato non era necessario, visto che si trattava di storie autoconclusive. Questi eventuali studi non erano pagati e portavano via tempo alla realizzazione delle tavole. Dovendo campare con il mio lavoro, tendevo ad evitarli, a sottovalutarne l’utilità e a vederli come qualcosa di fastidioso.

Fumetto disegnato per la casa editrice Fenix negli anni '90.

Fumetto disegnato per la casa editrice Fenix negli anni ’90.

Il mio era un approccio sbagliato, perché il chardes è molto importante. Guardando alcuni dei fumetti disegnati da me che odio di più, mi accorgo che i personaggi cambiano di fisionomia da una vignetta all’altra. Disegnando molte tavole in poco tempo, senza un chardes ben strutturato a cui far riferimento, si tende a dimenticare quali sono gli elementi da tenere presente nelle diverse viste e posizioni. Inoltre gli studi permettono di capire meglio come disegnare un personaggio, se un naso funzione, va fatto più piccolo, più grande o semplicemente diverso.

Caius

Primi studi del personaggio Caius Camillus, per Immergas

Lo studio qui sopra, insieme ai successivi, non servì a molto, visto che poi il personaggio l’ho disegnato in modo molto diverso, ma comunque contribuì a farmi vincere una gara. Insomma, prima di andare avanti con le matite, mi fermo a pensare i personaggi, come sono fatti, come si vedono nelle varie viste, proprio come si fa nei cartoni animati. Comincio qui sotto con la strega Doralice che ha ben due aspetti. Questo è quello più mite, che usa per mimetizzarsi e per ingannare i suoi persecutori.

Doralice

Devi disegnare per bene gli ambienti!

Nel 1979 a Milano ci fu una delle più belle fiere di Fumetto a cui abbia mai partecipato. Sarà perché era la prima, sarà perché ero un bambino, sarà perché incontrai per la prima volta un autore di fumetti. QuotidianoDeiFumettiIl nome della fiera era GULP MI 79, il logo come una targa di auto, con una font tipo American Typewriter bold. Si svolgeva all’Arengario, in piazza Duomo. Ogni giorno della fiera veniva distribuito in edicola solo a Milano il “Quotidiano del Fumetto”, della Editiemme, formato tabloid, con informazioni e saggi sui fumetti e articoli sulla mostra. 10 numeri, il numero zero solo in Fiera. Marketing in anticipo di trent’anni. Conservai quei quotidiani davvero unici per molti anni poi li persi in un trasloco, insieme ad altre cose preziose. Mai che perda della fuffa, eh!

Carlo Peroni

Carlo Peroni in una foto dell’epoca e nella sua autocaricatura

Non mi persi però l’incontro con Carlo Peroni alias Perogatt, che è stato per me il più grande autore italiano di fumetti per ragazzi. Una produzione immensa, di altissima qualità. Grande umorista. Disegnava, tra gli altri “Gianconiglio”, una star del fumetto degli anni ’70. Tutti i bambini volevano visitare “Belpelo di sopra”, un luogo che già dal nome ti faceva ridere. Ah, per chi non lo sapesse, ha anche inventato e animato Calimero. 1963, Lo stesso anno in cui animarono Astro Boy (Tetsuwan Atom)

Con l’innocenza tipica dell’infanzia, gli feci vedere le strisce di un personaggio comico di mia invenzione che avevo portato proprio per ricevere qualche parere. Invece di liquidarmi con qualche frase di circostanza, guardò seriamente e con attenzione tutti i miei sgorbi e mi disse: devi disegnare per bene gli ambienti! Un consiglio prezioso. palazzo Credo che per la maggior parte dei fumettisti, fare gli ambienti per bene sia una menata pazzesca. Per me sicuramente lo è. Ammettilo: a meno che tu non sia un appassionato di architettura o di paesaggi, quando disegni fumetti, non vuoi far altro che disegnare i personaggi perché pensi che è lì la chiave del tuo fumetto.  E a ragione: in una vignetta come quella qui sotto, nessuno pensa che sia il palazzo a parlare: tutti pensano a chi sta parlando all’interno. E il personaggio manco si vede! grattacieloLa rete è piena di tutorial e le fumetterie di libri che insegnano a fare gli sfondi, ci sono pure dei software 3D fatti apposta per i fumetti! Non ho la presunzione di volervi insegnare niente ma, se vi piace disegnare fumetti, voglio darvi qualche consiglio che può semplificarvi la vita. Mario Cubbino, Il mio professore di fumetto alla scuola del Castello Sforzesco ci spiegò diversi stratagemmi. Con qualche riga di spessore diverso, un colpo di pennello, un mezzotono, una lunetta o un’ombra al posto giusto, spesso si risolve egregiamente la vignetta. ambiente-veloceNella mia vita professionale ho spesso abusato di questo metodo, e me ne dolgo. Penso che sia comunque meglio una scappatoia di questo tipo che un background fatto male. Non bisogna rifuggire gli ambienti, ma non sta scritto da nessuna parte che bisogna riempire di dettagli ogni sfondo. Negli ambienti esterni naturali, la prospettiva è meglio farla ad occhio perché la natura è complessa, irregolare. Va bene anche per gli edifici semplici, di pietra o legno, dove il materiale è grezzo, irregolare. Vince su tutto la luce atmosferica: le zone più chiare sono percepite come più lontane. Nella vegetazione, invece le foglie più chiare indicano le zone più in alto, perché si ha l’idea che la luce illumini sempre le piante dall’alto. Il chiaroscuro è insomma più importante delle forme in vere e proprie. ambiente esternoSe si deve invece mostrare un luogo preciso, si possono anche ricalcare delle foto, come fanno in molti manga. Questo metodo va bene se appare una volta sola, ma se bisogna riprendere nel corso della tavola più volte lo stesso luogo da più angolazioni, meglio ridurre il numero dei particolari e disegnare tutto tu, sempre tenendo delle foto come riferimento. svizzeraBene, ma tutto questo non è molto diverso dalla paesaggistica; con le scene in azione, la fantascenza, gli ambienti cittadini, le cose si complicano ancora. Ci sono mille modi per disegnare gli ambienti urbani, ti spiego il mio: prima butto giù un bozzetto per le masse generali, poi mi armo di pazienza, riga e squadra, prendo un A3 e metto in prospettiva tutti i volumi principali, senza badare a quante linee ci metto. Le parti più piccole le faccio ad occhio. tavola1Quando l’ambiente è definito, ricalco solo le linee che mi servono su un foglio più pesante tipo l’F6 (non trovo più gli Schoeller!). Non è un lavoro molto diverso dalle tavole di architettura che facevo al liceo artistico, in più si può barare con le linee di fuga e le proporzioni per avere un risultato migliore. Infine inchiostro il tutto. Le linee esterne e quelle più in avanti le faccio più spesse. tavola2I retini sono molto utili per definire le mezzetinte e aumentare la tridimensionalità, se se ne abusa però, tutto sembrerà finto. Personalmente cerco di non usare più di tre toni. Mi piace tantissimo come usa i retini Massimo dall’Oglio, che spesso usa un tono solo, scavando i bianchi. Guardatelo perché merita. Infine metto eventuali inee cinetiche, balloon e onomatopee. robotConcludo con una cosa importante da tenere presente: Pensate a come vengono chiamati gli ambienti nel fumetto: Sfondi.Se si chiamano così vuol dire che non sono i protagonisti, e che stanno appunto sullo sfondo. Gli ambienti non devono quindi incasinare la lettura e devono avere sempre meno peso del soggetto della vignetta, per non distogliere il lettore dalle cose narrativamente importanti. reggiseno

Il sigillo di smeraldo

storyboardNel post precedente, raccontavo di come mi trovai a inventare dei piccoli draghi in PVC, per una collezione da edicola. Per il nome avevo pensato a Dragonics, ma puzzava di robotico, sapeva un po’ di fantascienza. Qualcuno propose di cambiarlo in Dragonix che era più semplice e più adatto al nostro target infantile. Funzionava. dragonix1La prima serie andò bene, e mi misi subito all’opera sulla seconda. Mentre disegnavo i bozzetti dei 3D, preparai uno scenario completo e caratterizzai ogni personaggio della nuova serie immaginandone una storia personale e una precisa personalità.

Primo bozzetto del drago Majestos

Primo bozzetto del drago Majestos

Avevo anche questa idea di una montagna sospesa sopra le nuvole, da cui erano arrivati tutti i draghi. coinvolsi Giustina Porcelli, che aveva sceneggiato i Gormiti, e preparammo insieme un bellissimo concept, con le varie tribù che vivevano all’interno, in lotta tra loro e che ogni tanto scorazzavano sulla terra. Dei draghi senzienti, che parlavano. Non facendo vedere mai gli esseri umani, ognuno poteva immaginare che vivessero nel periodo preferito, nel medioevo, nella preistoria o, perché no, ai giorni nostri.

Illustrazione di Danilo Antoniucci

Illustrazione di Danilo Antoniucci

Da questo venne fuori una idea molto, molto forte. Fare un cartone animato su questi draghi. Si creò un link con Luca de Crescenzo e con Andrea Baricordi, che avevo incrociato senza conoscerlo molti anni prima, quando faceva il fanzinaro e veniva a Milano allo Studio Sette a noleggiare i manga con gli altri Kappa boys. Preparai in poco tempo il soggetto di “Dragonix, il Sigillo di Smeraldo”. Andrea scrisse la sceneggiatura, Luca diresse il cartone che fu prodotto da Stranemani.

Settei

primo bozzetto mio e character design di Stranemani Srl

Con gli ampi margini di libertà a nostra disposizione io e Andrea ci mettemmo a trollare e mettere citazioni. C’è una scena in cui Luminares, che è un saggio, vecchio drago scheletrico, viene circondato dai suoi avversari, comandati dal drago Majestos. Comunicai ad Andrea che mi sarebbe piaciuto ricreare un certo tipo di atmosfera, provata guardando i cartoni di Go Nagai nei cinema estivi del mare. Andrea, che da bambino visse la mia stessa esperienza,  aveva già in mente la scena più intensa del film Mazinga contro gli ufo robot (Mazinger Z vs Generale Nero). Fu un bel momento.

Il sigillo di Smeraldo era un breve cartone animato per promuovere un collezionabile da edicola, niente di pretenzioso, ma piaceva a tutti i bambini che lo guardavano. Fu prodotto un DVD distribuito in edicola insieme al collector delle card e un albo. Fece anche un passaggio su Italia 1. Poteva essere l’inizio di qualcosa. dragonix3-2 Con la seconda serie di Dragonix si cambiò, non so per quale motivo, produttore dei 3D. Dalla Cina arrivarono dei draghi un po’ striminziti. Le prime sculture erano tuttavia molto belle, ma per stare nel target price, durante la produzione ridussero sensibilmente le dimensioni. Non fu certo quello il solo motivo, ma comunque la serie non funzionò come la prima e si congelò il progetto della terza serie, che doveva avere un nuovo cartone con il seguito e la conclusione de “Il Sigillo di Smeraldo”.dragonix3Il cartone si doveva chiamare  “La porta degli Inferi” e avevo già pronto il soggetto da passare ad Andrea. Peccato. Ho messo tra queste righe dei bozzetti dei nuovi draghi e creature fantastiche che avervo pensato per quella serie, molto diversa dalle uova di drago poi prodotte lo scorso ottobre, con cui non ho nessuna relazione. Credo che possano interessare agli appassionati dei piccoli 3D, come ne ho conosciuti nella community Potere ai piccoli. Dragonix3-3