Il cuore delle carte 2

Parte seconda

Dal 1999 al 2011 mi sono occupato di un particolare tipo di tradingcards per conto dell’azienda Edibas di Torino. Ho inventato il nome e il logo Lamincards e ho partecipato alla creazione del prodotto originale. Non ho mai percepito alcuna royalty ,anche perché non ci ho investito un centesimo, ma sono sempre stato correttamente ricompensato dalla famiglia proprietaria dell’impresa per il mio lavoro. Poi mi sono sputtanato quasi tutto, ma questa è un’altra storia.

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Dragonball arrivò in un momento difficile: ci avevano comunicato che non ci avrebbero rinnovarto la licenza più forte che avevamo, i Pokémon, perché paradossalmente avevano troppo successo e Prominter ci aveva soffiato il mercato del Wrestling.

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Una delle mie idee: il pacchetto lasciava intravedere le card all’interno da una finestrella trasparente: i bambini ne andavano matti e la bustina costava meno di quelle di metallo.

Edibas portò a casa la licenza delle card di tutto Dragon Ball. Tutto: Prima serie, Z, e GT. A differenza delle lamincards dei Pokémon, queste potevano essere giocabili!

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Caravaggio: “i Bari” notare il guantino da Pro.

Peccato che io di tradingcard game non ci capivo un’ostia: la mia sensibilità era tutta nel creare delle card belle da vedere e da collezionare. Il che poi si rivelò anche un vantaggio, ma all’inizio era un problema: avevo solo un passato adolescenziale di un paio d’anni come giocatore di D&D e non mi ero mai appassionato a Magic. Paradossalmente ero in Giappone quando scoppiò il fenomeno Yu-Gi-OH: tutti i negozi erano pieni di cartonati e locandine con quel personaggio dai capelli inverosimili. I miei ragionamenti di allora non erano tanto diversi da quelli di Zerocalcare in un suo famoso fumetto.

zerocalcare su yu-gi-oh

Ma io dovevo capire. Così per risolvere il gap feci quello che facevo di solito in questi casi: assoldai degli otaku.

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La base di tutto venne dalla gentile Mabelle Sasso, che coinvolse il suo futuro marito Paolo Giordano per stilare un regolamento. Li ripagai con elevate dosi di stress per anni. Lasciai loro quasi carta bianca partendo dal gioco originale dei Pokémon. Paolo tra l’altro introdusse l’uso di Excel per avere sotto controllo la collezione. Serviva per i valori, ma io ne feci poi uno strumento indispensabile per gestire il lavoro, quando arrivammo a progettare anche quaranta di collezioni di card all’anno!

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Finché mi fu permesso, citai sempre tutti i collaboratori nel raccoglitore: fino alla prima serie di Dragonball firmai tutte le card sul retro (cosa che non faceva nessuno): “Artwork: L.Costarelli” e quindi trovavo giusto che chi ci lavorasse potesse mostrare con orgoglio il suo nome stampato sul raccoglitore. Mabelle collaborò a lungo con me e divenne una valente grafica.

Lo studio dove nascevano le Lamincards, Luciano Costarelli Mabelle Sasso

Lo studio di Milano dove nascevano le Lamincards, io senza barba, Mabelle con la coda.

Nella progettazione grafica delle card, la mia ignoranza diventava un valore. Avevo uno sguardo esterno rispetto agli appassionati di Magic, e pensavo in modo differente, diciamo “più mainstream”. A chi giocava abitualmente con le tradingcards interessava più di tutto quello che c’era scritto sulle card, a me interessava di più l’immagine. Esattamente come con i Calendari che progettavo, consideravo il testo un male necessario e volevo ridurlo il più possibile. Così targhettizzai ancora di più le card sui bambini, più che sugli adolescenti e agganciai il mondo femminile che non si filava di striscio i giochi di carte ma adorava avere le lamincards dei suoi personaggi preferiti.

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Trunks era molto gettonato tra le ragazze.

C’era un altro fattore da tenere presente: la trasparenza. Sin dalla seconda, purtroppo sfortunata, collezione cioè i Medarot, ho voluto sfruttarla sagomando i personaggi, andando oltre il modello originale delle card laminate. C’erano però degli elementi da mettere: la linea di Copyright, il numero di collezione, il mio nome… Così feci una banda orizzontale che mi permettesse di avere uno spazio sempre uguale in ogni card. Per cambiare, anche per essere più in format con gli altri giochi, ideai una semplice basetta da mettere nella parte inferiore della card, lasciando dei valori basici sul fronte e la parte più testuale sul retro. Un po’ per ragionamento, un po’ per caso, con molta fortuna era nato un format di successo che fece vendere all’azienda decine di milioni di bustine in tutta Europa. E anche in Russia. E per poco non andammo in America.

raccogliere spagnolo DragonballZ Platinum di Luciano Costarelli

raccoglitore Spagnolo Lamincards serie Platino, feci lo sfondo con acrilici e Photoshop per inserire in modo accattivante i tre personaggi da Style guide.

Lanciammo la prima serie a Milano a Fumettopoli, assoldai gente per fare dimostrazioni che pescai in un paio di ludoteche. Entrai in una e dissi: Qualcuno vuole lavorare? ho una fiera e ho bisogno di qualcuno che faccia giocare i ragazzi con le lamincards. Molti mi guardarono male, un ragazzo disse: io vengo! Anni dopo venne assunto da Strategiochi, probabilmente adesso è, tipo, product manager. Annunciammo con un comunicato stampa che regalavamo alcune bustine in anteprima, fino ad esaurimento. Appena aperta la fiera un ragazzino arrivò di corsa tutto sudato al nostro stand per averle perché pensava che ci sarebbe stata ressa. Invece si presentarono in meno di una ventina. Ma ci aveva visto lungo: da lì a qualche mese avrebbe dovuto accamparsi la sera prima per averle, visto il fenomeno.

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Nel 2006 a Mantova Comics prendemmo uno stand, pagammo la trasferta a dei ragazzi per venire a far giocare i ragazzi. Uno, che era già con un piede nel settore, ne fece poi una professione. Un altro rubó un accappatoio dall’albergo e non fu più richiamato: il crimine non paga. La fiera fu un delirio, ma divertente: io avevo un mazzo fatto solo con le speciali oro e vincevo sempre. Ci fu una scolaresca che era stata invitata in uno spazio dietro allo stand Panini dove promuovevano varie cose tra cui il gioco di carte di Naruto. Qualcuno si accorse di noi e lo disse agli altri. Continuavano a guardarci. Appena finirono di parlare, i bambini corsero tutti in massa da noi.

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Dopo la prima serie che vendette bene ma non fece numeri, arrivò il primo grande successo con DragonBall Z che chiamammo in seguito Silver. Casualmente la bustina era argento, ma quella era una cosa che facevo già: trovavo una barbaria avere il flowpack metallizzato e opacizzarlo con un colore coprente come facevano altre case editrici. Sfruttavo al massimo il metallo per farla risaltare in edicola. Avevo fatto anche la copertina dei Cavalieri dello Zodiaco metallizzata. Ai ragazzi piacevano da matti! Così, dopo aver avviato la produzione, qualcuno suggerì di introdure le carte metallizzate, acoppiando un sottile foglio di metallo al PVC della card. Quando iniziarono a circolare le nuove card, vissute come rare, esplose il fenomeno e arrivammo nel 2006 all’età dell’oro. Di DragonBall Z serie oro.

flow pack Lamincards Dragonball Z serie oro

(continua)