Lo faccio da quando avevo quattro anni. Giuro. Riempivo i balloon con simboli casuali perché non sapevo ancora scrivere, ma mettevo le immagini in sequenza. Disegnavo fumetti su decine di quaderni che assorbivano via via tutto l’immaginario collettivo degli anni ’70 e ’80. Disney e Marvel, Go Nagai e tutti gli anime. Tutti. Mi diverivo un mondo. Quando ho sostituito le righe e i quadretti con il Fabriano F4 sono Arrivati Moebius e Hugo Pratt, Pazienza e Alex Raymond. Dylan Dog e infine, prepotentemente, i Manga.
Per un po’ l’ho anche fatto come professione. Il momento era buono, di lavoro ce n’era: nei primi anni ’90 pubblicavano cani e porci. Solo che me ne ero andato di casa quando avevo vent’anni e dovevo mantenermi. In pubblicità prendevo più del doppio che in editoria mettendoci un terzo del tempo. Disegni “freschi” a pantone, di getto, tirati via, storyboards, layouts, tutto usa e getta, niente rimaneva stampato. Affitto e bollette pagate. Per farla in breve, scelsi la via più facile.
Comunque continuavo a scrivere e disegnare storie, pubblicavo anche qualcosa con editori… hemm…diciamo minori. Ma, influenzato dallo stile frenetico dell’advertising, cercavo di metterci meno tempo possibile. Ovviamente i miei disegni facevano sempre più cagare. Poi, a furia di premere sull’accelleratore, mi schiantai contro un muro.
Un lavoro interessante, pagato bene. Una piccola casa editrice, una sceneggiatura che non ho mai capito veramente. Un progetto di qualche anno prima, che diventava a colori. 84 pagine a colori. Tra casini vari, mi trovai con poco più di un mese per fare tutto. E avevo contemporaneamente un altro lavoro da 40-48 ore a settimana.
Con l’accumulo dei ritardi, dopo una ventina di pagine, vedendo la catastrofe incombere, cominciai a farmi aiutare da un po’ di gente. Una di loro è diventata molto brava, adesso pubblica per Panini. Infatti la sua tavola è una di quelle belle dell’albo. Comunque prima smisi di colorare i personaggi, poi delegai ad altri anche gli sfondi. Non dormivo praticamente più. Vedevo l’alba tra matite e monitor, il mug pieno di caffé freddo e le lattine vuote di Red Bull. Supervisione inesistente, tempo per correggere: zero.
Se guardi i tuoi disegni dopo qualche giorno o anche solo dopo qualche ora, ti rendi conto di tutti gli errori. In quel caso li vidi tutti sull’albo stampato. Erano tanti, veramente tanti. E non ci potevo fare più niente.
A parte qualcosina per degli amici, smisi completamente di disegnare fumetti, amareggiato dalle critiche, soprattutto da quelle che condividevo.
Sono passati 8 anni da allora poi, di colpo, poco fa ho ricominciato. Ci ho messo vent’anni per capire la differenza che c’è tra metterci tre giorni per fare una tavola e fare tre tavole al giorno. Ora voglio solo fare qualcosa che piaccia alla gente e che piaccia a me. Tornare a disegnare per divertirmi, come tanto tempo fa.
Questa volta non sceglierò la via più facile. Ho anche imparato ad usare il famigerato pennino G-Pen…
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